Percorso:

Fonte:  IL TIRRENO

29 giugno 2015

Rubrica: Economia


Da gennaio le collaborazioni si trasformano in contratti di lavoro subordinato Migliaia sperano nel posto


di Giovanna Mezzana Non è detto che andrai in pensione da co.co.co. Se lavori come collaboratore nel giro di qualche mese potresti essere assunto con un contratto “vero”. La chance arriva dal Jobs Act, o meglio, da uno dei decreti legislativi approvati due settimane fa e con cui il Governo mette mano all’universo composito delle collaborazioni. Da gennaio 2016 i contratti di collaborazione dovranno essere trasformati in contratti di lavoro subordinato. Affermata la regola, però, sono state previste (molte) eccezioni. Che succederà al mezzo milione di lavoratori che dalla Valle d’Aosta alla Sicilia – oltre 40.000 in Toscana – ha un contratto di collaborazione coordinata o continuativa o a progetto? Dipende. Innanzitutto le co.co.co non vengono cancellate: la tipologia contrattuale rimane (vedremo in quali settori). Viene spazzata via, questo sì la variante della collaborazione “a progetto”: l’esistenza di un progetto non sarà più condizione vincolante per far scattare la collaborazione; i contratti a progetto già in atto arriveranno alla scadenza. La pubblica amministrazione. Le co.co.co, dunque, rimangono. Ad esempio: un web designer che ha un contratto di collaborazione coordinata e continuativa per cui si occupa dei siti internet di Province e Comuni continuerà a lavorare con lo stesso status almeno fino al 31 dicembre 2016. La pubblica amministrazione, consumatrice bulimica di collaborazioni, potrà avvalersi delle co.co.co per tutto il 2015 e il 2016. Se ne riparla nel 2017. Qui call center. È destinato a rimanere collaboratore chi lavora, ad esempio, nei call center; restano in piedi infatti tutte le collaborazioni già disciplinate dai contratti collettivi di lavoro. E in futuro, con la stessa prassi, potrebbero essere individuate altre figure “in deroga”; il consuntivo, secondo Cgil Toscana, dovrà essere fatto a fine anno. Per i professionisti. Un giovane avvocato o commercialista o architetto che bussa alla porta di uno studio potrà ancora sentirsi offrire una co.co.co: tale tipologia contrattuale resta per gli ambiti delle professioni intellettuali che prevedono l’iscrizione ad un albo. Chi può sperare. In tutti gli altri settori dal 1° gennaio 2016 le collaborazioni diventano “fuori legge”: non potranno più essere utilizzate per arruolare lavoratori e quelle in essere andranno “a morire”. Cosa succede, ad un pony express o ad un corriere, che in genere lavorano in regime di collaborazione con le aziende spedizioniere, e il cui contratto scadrà il 1° febbraio 2016? Lavorerà fino a questa data come collaboratore, dopodiché la sua collaborazione dovrà essere trasformata in un contratto di lavoro subordinato. Stessa chance per coloro che sono impiegati nei servizi, soprattutto turistici. Le opzioni. Questo esercito di collaboratori dovrà essere assunto a tutti gli effetti se il datore di lavoro vorrà ancora avvalersi delle loro prestazioni. Stessa logica per i collaboratori a progetto. In teoria. E in pratica? Si apre un bouquet di possibilità. Alcuni verranno assunti. Quanti dipende da quanto interessanti per le aziende saranno gli incentivi all’assunzione, concordano sindacalisti e consulenti. E per il momento non sono previsti bonus ad hoc per invogliare la stabilizzazione dei collaboratori. Altri non verranno confermati e saranno mandati a casa. Ad altri ancora verranno offerte tipologie contrattuali diverse – ad esempio, il contratto di lavoro accessorio – ma anche lontane dalle garanzie del lavoro subordinato, perché il Jobs Act ha tutt’altro che “disboscato” il sottobosco dei contratti “flessibili”. La via giudiziaria. Nel caso in cui il datore di lavoro faccia il furbetto, al collaboratore rimane un’arma: quella del ricorso al giudice del lavoro davanti al quale dimostrare che la collaborazione è lavoro subordinato “mascherato”: opzione che già esiste e che in Toscana porta annualmente all’apertura di migliaia di vertenze, molte delle quali si concludono con un’assunzione. Per ricorrere alle carte bollate è sufficiente che sussista una condizione: la monocommittenza (lavorare per un solo datore). Il collaboratore potrà rivolgersi all’ufficio vertenze di un sindacato o ad un legale, presentarsi di fronte al giudice del lavoro e chiedere che la sua prestazione venga riconosciuta come lavoro subordinato, anche retroattivamente, che significa l’applicazione della retribuzione prevista per la sua figura dal contratto nazionale, compresi i contributi pensionistici e il Tfr, a partire dal primo giorno in cui il contratto è stato stipulato.


 
 

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