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Percorso:

Fonte:  LA REPUBBLICA

02 luglio 2015

Rubrica: Altro


Arresto a Scansano per terrorismo “Legami con l’Is”


LA GIOR NA TA ABITAVANO in Maremma Baki Coku, arrestato in Albania e Arta Kacabuni che la Digos ha bloccato a Scansano nella casa che divideva col fratello e due figli. I due sono accusati di associazione con finalità di terrorismo internazionale. Avevano un ruolo di reclutatori, secondo la procura di Milano che scrive: «arruolavano e contribuivano a far arruolare nello Stato islamico Maria Giulia Sergio ( ora Fatima), la foreign fighters italiana e Aldo Kobuzi » organizzando il matrimonio nel 2014 a Treviglio, «funzionale a consentire la partenza verso la Siria» e poi facendo partire anche la sorella Donika Coku. Arta «condivideva la completa adesione ai principi dello stato islamico ribadendo legittimità e doverosità delle azioni terroristiche perpetrate dai combattenti dell’Is». Numerose le intercettazioni legate agli atti che lo proverebbero: da quelle su Charlie Hebdo a quelle su decapitazioni di infedeli.

ILRACCONTO

SCANSANO.

«Se voleva andare in Siria ci andava e basta. Perché hanno arrestato mia sorella?». Ciabatte e calzoncini corti, Astrit, 27 anni, esce dall’appartamento al primo piano di una casa lungo via XX Settembre a Scansano. Terra di olivi e dei vigneti del Morellino, di percorsi di trekking e agriturismo. C’è qualcosa di più lontano dalla jihad? Da queste terre grossetane alla Siria le distanze sembrano siderali eppure le indagini della digos milanese portano proprio qui. In questa ex casa popolare, ad un appartamento al piano rialzato di una palazzina con le tapparelle verdi, l’intonaco beige ombreggiato da polvere e incuria. A pochi passi dallo storico Hotel Magini. La bici di un bambino, dieci gradini e sul campanello la scritta Arta Kacabuni. «Il nome con la targhetta bianca è il nostro» dice il piccolo con i capelli corti venendo incontro. Avrà sei o sette anni e parla un buon italiano. La porta della casa è socchiusa, lo richiamano dentro, «non parlare» è l’ordine. Permesso. «Fuori, andate fuori qui non c’è nessuno e non sappiamo niente» urla una donna vestita con un chador. Sta buttando abiti dentro a una valigia, la chiude ed esce in fretta portandosi via i due bambini e seguendo un uomo su una Bmw nera di grossa cilindrata. Dall’appartamento disadorno, con pochi e vecchi mobili esce Astrit Coku: «Hanno arrestato mia sorella, sono venuti a prenderla alle 4 del mattino, io non c’ero perché altrimenti avrei fatto casino.. cosa c’entra lei col terrorismo interna- zionale?”. Hanno arrestato anche il fratello di Astrit, Baki per lo stesso sospetto: quello di far parte di un’organizzazione di terrorismo internazionale legato allo Stato Islamico. «Lui era in Albania ma di solito sta qui». Fra Scansano e Poggioferro. È proprio questa casa il crocevia di misteriosi arrivi e di partenze improvvise di una famiglia albanese con numerosi cugini e fratelli e donne col chador. Da Scansano, secondo le accuse, è transitato anche Aldo Kobuzi il marito di Maria Giulia Sergio ora Fatima, la 27enne italiana che si è unita all’Islam radicale per abbracciare la causa del Califfato. I due si sono sposati grazie a Bushra Haik, 30enne nata a Bologna ma di origini canadesi che teneva corsi di Corano online. Gli investigatori non hanno ancora capito in che modo le due donne sono entrate in contatto, ma i due sposi ora sono ricercati.

All’appello mancano anche due parenti di Kobuzi: la 44enne Donika Coku, e la 19enne Serjola Kobuzi anche loro sarebbero passate dalla casa di Scansano e si troverebbero ente ora in Siria. Donika è la suocera della combattente jihadista italiana. Nella casa di Arta Kacuni, 41 anni, la Digos è arrivata la notte scorsa: «Non ci posso credere - racconta una vicina - non mi sono accorta di niente». Vita riservata, tranquilla, la spesa alla Coop con un’amica (anche lei in chador o con hijab). Nulla che potesse allarmare i vicini.

Arta viveva ufficilmente in quella casa da otto mesi, spiega l’amministratore del condomio, «era sola con i due bambini». Secondo le accuse invece quella casa era frequentata da diverse persone compreso Baki Coku, 37 anni, boscaiolo, preso a Lushnje, a circa 70 chilometri a sud di Tirana. «Certo ora che ci penso avevano macchine importanti, una Bmw, una Audi A4 station wagon» sibila uno dei vicini sottolineando come quelle vetture fossero difficili da mantenere per chi fa il boscaiolo o si occupa della raccolta delle olive o dell’uva. Altri in paese, allargano le braccia: «Stavano molto per conto loro, ma chi poteva immaginare... ». Il gestore del bar Le Cascine, difende Arta: «E’ stata qui per una ricarica del cellulare l’altra sera. Burqa? Macché portava un copricapo e basta. A me lei e Baki sono sembrate brave persone».

«Voglio vedere di cosa li accusano - sbotta Astrit - di essere in contatto coi parenti in Siria? E allora, anche io ogni tanto li chiamo... e diciamo le solite cose, come va, come non va. Se mia sorella avesse voluto partire lo avrebbe già fatto, ma lei non voleva. Come me, io non vado nemmeno a pregare... lavoro e basta».


 
 

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